Grossa PECCA nel famosissimo caso "risolto" (?) di Marta Russo!

Mi sembra di aver rilevato un'ulteriore ipotetica "pecca", grande come una casa, nella complicatissima vicenda.

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    Mi sembra di aver rilevato un'ulteriore ipotetica "pecca", grande come una casa, nella complicatissima vicenda, che, almeno a quanto mi risulta, finora non era mai stata rilevata in nessuno dei vari processi (che, alla fine, hanno portato alla condanna del presunto omicida Scattone); si tratta di alcune "intrinsece incongruenze", oggettivamente riscontrabili, sotto il profilo sia balistico che meramente logico, nella testimonianza rilasciata in Tribunale dalla "supertestimone" Gabriella Alletto.
    Però, finora, nessuno ha mai rilevato la cosa, nè durante nè dopo il processo; il che mi sembra davvero singolare!
    Per cui, forse, sono io a sbagliarmi!
    Tuttavia, prima di parlarne, è necessario fare una breve sintesi della vicenda in questione, la quale, più in dettaglio, è possibile visionare al seguente LINK; ma se già conoscete bene la notissima vicenda, potete saltare a piè pari la .SINTESI DELLA VICENDA


    SINTESI DELLA VICENDA
    L'omicidio di Marta Russo avvenne il 9 maggio 1997, quando poco prima di mezzogiorno, la giovane studentessa fu raggiunta alla testa da un proiettile calibro .22 LR (Long Rifle), mentre, insieme all’amica Jolanda Ricci, percorreva un vialetto all’interno della Città Universitaria della Sapienza, tra le facoltà di Scienze Statistiche, Scienze Politiche e Giurisprudenza, da lei frequentata.
    Il proiettile le penetrò nella nuca, dietro l’orecchio sinistro, spezzandosi in undici frammenti che le provocarono danni cerebrali irreversibili; trasportata al vicino Policlinico Umberto I, infatti, lì morì il 13 maggio.
    I testimoni parlarono di un colpo attutito (un "tonfo", come subito si scrisse sui giornali), come se fosse stato sparato da un’arma munita di "silenziatore"; tesi poi suffragata dale tracce di "lana di vetro" trovate sui frammenti di proiettile estratti dal cranio della vittima.
    Ed infatti, la "lana di vetro", è la tipica sostanza contenuta all'interno dei silenziatori, la quale serve ad attutire il rumore del colpo; il che spiega perchè più di una persona che si trovava a passare nel vialetto dove cadde la studentessa parlò di un "tonfo sordo", che è il classico rumore di un colpo d'arma "silenziata", così come lo si sente "ad una certa distanza".
    Sotto le finestre "compatibili" con lo sparo (la sala 6 e i bagni), nonostante le immediate e scrupolose ricerche della polizia, non venne rintracciato nessun bossolo; nè venne ritrovato all'interno dei locali in questione.
    ***
    I primi accertamenti puntarono sul bagno della facoltà, dove la Polizia Scientifica si recò subito per prelevare residui di polvere da sparo; e un’ulteriore conferma della reale provenienza dello sparo venne dal proiettile, sul quale vennero repertate fibre di "lana di vetro" dello stesso tipo di quelle presenti sul controsoffitto del bagno.
    Per cui la Polizia effettuò numerose perquisizioni presso gli uffici e i locali della ditta di pulizie, dove vennero rinvenuti “bossoli e parti di armi”, anche calibro 22 LR; negli armadietti, inoltre, vengono ritrovati anche silenziatori rudimentali, fabbricati artigianalmente.
    ***
    Nei giorni successivi, un verbale della questura specificò: “Anche in precedenza all’evento delittuoso, e probabilmente dallo stesso punto di fuoco (il riferimento è ai bagni in questione) sono stati sparati dei colpi d'arma da fuoco”, ma senza lasciare vittime. “Alcune persone rintracciate sono sicuramente solite “divertirsi” a sparare”.
    C'era troppa gente sui cui alibi indagare, prendendo in considerazione i bagni.
    ***
    Poi, il 21 maggio 1997, sul davanzale della 6a Aula Assistenti della Facoltà di Filosofia del Diritto, la Polizia Scientifica ritrovò una particella di “bario-antimonio”, presunto residuo di sparo, di fatto indirizzando gli inquirenti ad abbandonare qualsiasi precedente indagine sulla ditta di pulizie e sulle altre persone che, in altre occasioni, si erano dilettate a sparacchiare dalle finestre dei bagni, e a concentrare le indagini esclusivamente sull’Aula 6.
    C'era troppa gente sui cui alibi indagare, prendendo in considerazione i bagni.
    ***
    Tuttavia, non si tenne conto che, anche se con qualche residuo ferroso:
    - non solo il “bario-antimonio” poteva essere il risultato dell'inquinamento ambientale, in quanto era stato rintracciato anche su altre finestre;
    - per giunta, l'innesco delle pallottole cal.22 LR ELEY, con una delle quali era stata uccisa Marta Russo, fin dagli anni ' 60, non veniva più realizzato con parti di antimonio.
    Ed infatti, il Dott. Leone Ambrosio, amministratore delegato della società Paganini, concessionaria italiana della Eley, intervenne all' udienza e dichiarò che l' antimonio, dagli anni '60 in poi, non era più contenuto nell' innesco delle cartucce prodotte dalla casa di Birmingham; per cui, salvo che alle soglie del '2000 sia stata usata una confezione di cartucce risalenti a circa 30/40 anni prima, la particella "binaria" trovata sulla finestra della Sala 6 non poteva con "ragionevolezza" essere attribuita a quello sparo.
    ***
    Ma lasciamo perdere tali "dettagli tecnici", e i molti altri di cui si potrebbe parlare; i quali ampierebbero troppo la "sintesi" della vicenda.
    ***
    Fatto sta che gli inquirenti, abbandonata qualsiasi precedente indagine sulla ditta di pulizie e sulle persone che, in altre occasioni, si erano dilettate a sparacchiare dalle finestre, si fissarono sull'aula 6; che era spesso frequentata dagli "assistenti universitari" Scattone e Ferraro, i, quali, giorni prima, in una lezione, avevano dissertato circa il "delitto perfetto".
    Il che sollecitò immediatamente la "creatività" investigativa degli inquirenti; per non parlare di quella della stampa.
    ***
    Purtroppo, però, l'impiegata di nome Gabriella Alletto, designata (per volontà della Procura di Roma), a testimoniare sul presunto delitto commesso dallo Scattone, giurava "sulla testa dei propri figli" di non aver mai assistito assolutamente a niente; in quanto, al momento del delitto, non si trovava affatto nell'aula 6, bensì nell'aula 4.
    Poi, come, almeno secondo alcuni, si potrebbe desumere dalla videoregistrazione del suo interrogatorio dell'l'11-6-97, la donna venne "indotta" a cambiare completamente la sua originaria versione; e, cioè, a dichiarare di essersi trovata nell'aula 6, e di aver assistito di persona all'omicidio.
    ***
    La trascrizione della videoregistrazione effettuata dal SISDE l'11-6-97 presso la Procura di Roma, contenente, contenente l'interrogatorio di Gabriella Alletto e l'intercettazione ambientale di quanto detto da lei e dal cognato Luigi Di Mauro, in effetti, non può non lasciare alquanto perplessi, quando lei, piangendo, grida più volte al cognato poliziotto che era presente all'interrogatorio:
    “Io nun ce stavo là dentro, te lo giuro sulla testa dei miei figli… Non ci sono proprio entrata, ma come te lo devo dì? Fino allo sfinimento?”.
    http://www.misteriditalia.it/altri-misteri...IDEOALLETTO.pdf
    ***
    Però, poi, in aula, testimoniò esattamente il contrario; ma, in questa seconda occasione, benchè provocata al riguardo, si guardò bene dal "giurare sulla testa dei suoi figli" anche la seconda versione (in contrasto con la prima)
    ***
    Peraltro, in aula la dottoressa Capparelli dichiarò che il l'11-6-97 la Alletto le disse: “Mi hanno messa in mezzo…io in quella stanza non c’ero, però non mi conviene dire che non c’ero […] loro (cioè quelli che la interrogavano) si immaginavano la scena, ma avevano bisogno di un testimone attendibile, di una persona affidabile”.
    ***
    E ancora, nelle intercettazioni del SISDE (del 12 giugno 1997, ore 8.25), la Alletto disse testualmente: “Mi hanno infilato dentro come una stronza…non mi conviene dire che non c’ero…vogliono un teste, una persona affidabile,… a me mi fanno veramente vacillà la testa”.
    ***
    Durante il processo, la Alletto rifiutò qualsiasi confronto con le tre colleghe che smentivano la sua "seconda" versione dei fatti; ma, nonostante questo, in barba al principio del "ragionevole dubbio" di cui all'art.533 CPP, Scattone, soprattutto in base a tale testimonianza, venne condannato in via definitiva.
    ***
    Queste, ormai, sono cose note e arcinote; però, fino ad oggi non mi risulta che nessuno si sia ancora accorto di alcune palesi ed eclatanti "inconguenze interne", oggettivamente riscontrabili, nella testimonianza rilasciata in Tribunale dalla "supertestimone" Gabriella Alletto.

    LA PECCA: UNA TESTIMONIANZA "INTRINSECAMENTE" INCONGRUA!
    Viste le intercettazioni ed i video di cui sopra, molte persone si erano convinte, sin da allora, che la "seconda" versione dei fatti rilasciata in aula dalla Alletto, fosse stata "indotta" da terzi; e che, quindi, era presumibilmente fasulla.
    Sul quale punto non mi pronuncio, perchè non faccio il processo alle intenzioni!
    A quanto mi risulta, però, nessuno ancora si è accorto che il punto "topico" della sua testimonianza è "intrinsecamente" incongruente, sotto il profilo sia logico che balistico.
    ***
    Ed infatti l'Alletto dichiarò testualmente:
    «Scattone aveva in mano una pistola nera, ho sentito un "tonfo" e ho visto un "bagliore". Ferraro si è messo le mani nei capelli, dentro c'era pure Liparota... Scattone, invece, con la mano sinistra spostava le doghe della tenda e con la destra ritraeva la pistola ... era un'arma nera, lunga venticinque - trenta centimetri. Scattone l'ha messa nella borsa che era sulla scrivania ed è uscito ... Ferraro ha preso la borsa e l'ha portata via uscendo insieme con Liparota."
    ***
    Ma ci sono le seguenti cose che non mi tornano:
    1)
    L'Alletto, chiaramente "orecchiando" quello che aveva sentito in TV e letto sui giornali (come me), dichiara di aver sentito lo stesso "tonfo" udito dai testimoni in strada; senza però rendersi conto che, lo sparo di un silenziatore, sembra effettivamente un "tonfo" se udito a distanza, mentre invece, a distanza ravvicinata, fa un "botto" coi fiocchi!
    Ed infatti, a differenza di quanto si vede e si sente nei film, la riduzione effettiva del picco della rumorosità prodotta da un "vero" silenziatore, è soltanto di 20-35 decibel; cioè un valore che porta a circa 110 dB un piccolo calibro e a circa 130 dB i calibri più prestanti.
    Il che significa che, se veramente l'Alletto fosse stata nella stanza, non avrebbe affatto sentito un "tonfo" (come i testimoni in strada), bensì il classico "botto" di uno sparo; sebbene leggermente attutito.
    Per cui la sua testimonianza sul punto, secondo me, risulta altamente "improbabile"!
    2)
    L'Alletto, poi, dichiara di aver visto un "bagliore"; il che, invece è assolutamente "impossibile".
    Ed infatti:
    - un proiettile calibro .22 produce poca "vampa di bocca" anche se sparato senza silenziatore, perchè è piccolissimo;
    - ma se, per giunta, viene sparato addirittura con un silenziatore, non produce assolutamente nessuna "vampa di bocca", perchè i gas infuocati vengono trattenuti dalla "lana di vetro" del silenziatore.
    Ed infatti, come tutti i "cecchini" ben sanno, lo scopo principale di questo dispositivo:
    - non è solo quello di attenuare (di ben poco) il "rumore" dello sparo;
    - ma, soprattutto, quello di nascondere la "fiammata" dello sparo, per rendere più difficile essere individuati (il che complica il processo di rilevamento del tiratore e non attira ulteriormente l'attenzione su di esso da parte dei "cecchini" nemici).
    Senza considerare, che, per giunta, in base alla sua stessa testimonianza, Scattone avrebbe sparato con la mano che era ancora "oltre" le doghe della tenda; per cui, se c'erano le doghe di mezzo, lei non avrebbe comunque visto nessun bagliore, anche se, per "mera ipotesi teorica", ci fosse stato.
    Per cui, quando l'Alletto dice di aver visto un "bagliore", la cosa non è tecnicamente possibile!
    3)
    Ma l'incongrità intrinseca della testimonianza della Alletto, si deduce non solo da quello che lei "dice" di aver visto, bensì, soprattutto, da quello che lei "non dice" aver visto.
    Mentre invece avrebbe dovuto!
    Ed infatti, visto che nella strada sottostante le finestre "compatibili" con lo sparo (la sala 6 e i bagni), nonostante le immediate e scrupolose ricerche della polizia, non venne rintracciato nessun bossolo, nè venne ritrovato all'interno dei locali in questione, ne consegue "logicamente" che il bossolo è stato espulso all'interno della stanza dello sparatore, e che lui l'ha raccolto e se l'è portato via insieme alla pistola; e vi garantisco, per esperienza personale, che cercare per terra un piccolo bossolo calibro 22, richiede un certo tempo ed una certa pazienza.
    Ma ecco che l'Alletto dice soltanto che "Scattone con la mano sinistra spostava le doghe della tenda e con la destra ritraeva la pistola ... era un'arma nera, lunga venticinque - trenta centimetri. Scattone l'ha messa nella borsa che era sulla scrivania ed è uscito ... Ferraro ha preso la borsa e l'ha portata via uscendo insieme con Liparota."
    La testimone non accenna minimamente ad una ricerca del bossolo caduto in terra, da parte di Scattone o Ferraro; ma, se veramente, in sua presenza, Scattone avesse sparato da quella finestra, lei avrebbe "sicuramente" dovuto notare e "riferire" -nella sua testimonianza- che lui ed il suo amico, prima di andarsene, avevano cercato il bossolo in terra, e che poi, dopo averlo trovato, se l'erano portato via.
    E' impossibile che se ne siano andati senza effettuare, con successo, tale ricerca; in quanto, se non l'avessero fatto, la polizia avrebbe dovuto "per forza" trovare il bossolo nell'aula 6.
    Ed invece non c'era!
    Il che vuol dire che, se esternamente e internamente alla finestra la polizia non ha trovato il bossolo, la Alletto si è inventata tutto; dimenticandosi, però, di inventarsi pure che Scattone e Ferraro avevano cercato il bossolo in terra, e che, dopo averlo trovato, se l'erano portato via.
    ***
    A questo punto, però, qualcuno mi potrebbe eccepire che Scattone aveva usato un revolver; nel qual caso il bossolo sarebbe rimasto nel tamburo, per cui bastava portarsi via la pistola senza dover cercare il bossolo in terra.
    Ma anche questo è impossibile!
    ***
    Ed infatti, visto che sembra accertato l'uso di un silenziatore, l'assassino deve "per forza" aver usato una pistola "semiautomatica", cioè, che "espelle" fuori i bossoli sparati; dico questo in quanto, che io sappia, non esistono revolver a cui sia applicabile un silenziatore, nè revolver col silenziatore incorporato, perchè la cosa non è tecnicamente realizzabile (il gas e il rumore trafilano dal tamburo).
    E' vero che ci fu qualche antico tentativo in tal senso, come il revolver russo Nagant in calibro 7,62x38R, risalente al 1895; il quale, in effetti, funzionava, però, non ebbe alcun seguito.
    ***
    Inoltre la Alletto, in aula, descrisse e disegnò una pistola semiautomatica, simile a quella d'ordinanza del cognato; e non certo un revolver.

    CONCLUSIONE
    Per concludere, con le considerazioni di cui sopra, non pretendo:
    a)
    Nè di aver risolto uno dei più controversi "gialli giudiziari" italiani; in quanto, anche se la Alletto si fosse inventata tutto (cosa che mi guardo bene dall'asserire), ciò non significa affatto che ad uccidere Marta Russo non sia stato proprio Scattone...sia pure per mero errore!
    Sebbene, a dire il vero, un proiettile tra orecchio e nuca, sparato a distanza con un'arma silenziata, è il tipico "colpo secco" di un sicario professionista!
    Per cui:
    - che questo possa accadere per puro "caso", è senz'altro "possibile;
    - però non è molto più probabile che, lanciando in aria i tasselli dello scarabeo, questi ricadano a terra, formando, per puro "caso", la parola COSTANTINOPOLI.
    b)
    Nè di accusare nessuno di un qualche tipo di reato (dalla subornazione di testi, alla falsa testimonianza ecc.), bensì, soltanto, di ipotizzare delle mere congetture , del tutto teoriche ed astratte!
    ***
    Voi cosa ne pensate?
     
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    I giornali avranno riportato le informazioni necessarie?

    Perché delle persone sparavano abitualmente dalla finestra? Esperimenti? Mi pare pericoloso.

    Capita durante gli interrogatori che il sospettato per sfinimento o l'atto menti per accontentare chi interroga.

    La testimone si sarebbe dovuta ricordare dei due che tastavano tutto il pavimento. Si sarebbe domandate il perché l'avrebbe cmq, ricordato. Forse lo shock? Però si ricordava i dettagli dell'arma e le doghe, anche se alla fine nulla di che. Se fossero stati suggeriti, la mancanza della ricerca del bossolo potrebbe a vere un senso con una storia inventata magari sul momento.

    Sono state ipotizzate diverse piste alternative. Qualche fattibile o con indizi?
     
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    Ciao Vlad. :)
    Ricordo che, all'epoca, subito dopo il fatto, alcuni passanti avevano dichiarato agli intervistatori della TV di aver sentito una specie di "tonfo" nel momento in cui Marta Russo veniva ferita; e rammento pure che molti commentatori in studio, esperti di balistica, avevano detto che il "tonfo" è il classico rumore prodotto da un'arma silenziata, se viene udito ad una certa distanza (il che è corretto).
    Sono sicuro che anche Gabriella Alletto abbia visto ed ascoltato tali trasmissioni, ed abbia quindi ripetuto "a pappagallo" tale definizione.
    Ed invece, secondo me, se lei fosse stata "veramente" nella stessa stanza di Scattone e Ferraro, a pochi metri dalla finestra dalla quale era stato esploso il colpo, non avrebbe affatto detto di aver sentito un "tonfo", bensì avrebbe riferito di aver sentito il "botto" di uno sparo vero e proprio; ed infatti, a differenza di quanto comunemente si crede, in base alla "finzione scenica" dei film, i silenziatori, in realtà, attenuano di molto poco il rumore dello sparo (soprattutto se si è vicini a chi ha sparato).
    Per cui, almeno secondo me, i casi sono due:
    - o l'Alletto ha veramente sentito un "tonfo", e allora vuol dire che era distante dal luogo dello sparo, in un'altro locale della Facoltà;
    - oppure non ha sentito un bel niente, e si è inventata tutto, orecchiando le definizioni che aveva sentito in TV o letto sui giornali (le quali, però, si riferivano a soggetti distanti dallo sparatore).
    ***
    Quanto al fatto che dei cretini, appartenenti alla ditta delle pulizie, ogni tanto "sparacchiassero" dalle finestre dei bagni (pure compatibili con lo sparo), risulta dagli stessi verbali della polizia; la quale, appunto, all'inizio, indirizzò le indagini proprio in tale direzione.
    Molti sottovalutano il cal.22, in quanto è appena più performante di un "flobert", ma spararci fuori dalla finestra è comunque una cosa "molto" pericolosa; come si sa, "la madre degli imbecilli è sempre incinta!
    ***
    Per il resto, secondo me, la testimone :
    - non avrebbe potuto vedere in nessun caso il "bagliore" dello sparo (perchè il silenziatore non lo consente);
    - si sarebbe dovuta ricordare dei due che tastavano tutto il pavimento alla ricerca del bossolo (che viene sempre espulso dalle pistole semiautomatiche).
    ***
    Per cui, nel complesso, a me ha dato l'impressione di una persona che non aveva la minima idea di come funziona un'arma, e che, quindi, dovendosi inventare tutto, ha ovviamente commesso degli inevitabili errori "ricostruttivi".
    ***
    Quanto all'arma, non ha fatto altro che descrivere la beretta d'ordinanza del cognato (forse l'unica pistola che ha visto in vita sua); la quale era una calibro 9 millimetri, e non certo una calibro .22 pollici.
    ***
    Quanto alle doghe alla finestra, ovviamente sapeva che c'erano, perchè lei lavorava lì!
    ***
    Però, il fatto che lei si sia inventata tutto, per suffragare la tesi dell'accusa, non significa affatto che Scattone e Ferraro fossero innocenti.
    ***
    Ed infatti, a parte le "balle" raccontate da Gabriella Alletto, la quale, secondo me, nell'aula 6 non era affatto presente, non c'è dubbio alcuno che su due giacche, una verde e una blu, un giubbotto, e una sacca di Giovanni Scattone sono state trovate particelle di polvere da sparo, con bario e antimonio, che per composizione chimica sono identiche a quelle prelevate dalla finestra dell' Istituto di filosofia del diritto, da dove l' assistente universitario "avrebbe" sparato a Marta Russo.
    Tale accertamento è risultato da ben 33 gli STUB eseguiti su 218.835 le particelle di varia composizione chimica analizzate con un microscopio elettronico a dispersione di raggi X!
    E la stessa cosa dicasi per l' unica traccia trovata in fondo alla borsa di Salvatore Ferraro, presunto complice.
    ***
    La difesa ha sostenuto che l' assistente aveva sparato anche al poligono; però, qui a Roma, al poligono TSN di Tor di Quinto, come posso personalmente testimoniare, tutte le entrate e le uscite dalle "postazioni di tiro" vengono registrate tramite un tornello elettronico.
    Questo, proprio per evitare che qualcuno spari al poligono in presenza di testimoni, ne esca di soppiatto, uccida qualcuno, e poi torni a sparare al poligono per vanificare qualsiasi STUB; cioè, quella che una volta si chiamava la "prova del guanto di paraffina".
    Però, a parte il fatto che non ricordo se all'epoca tale sistema fosse già in funzione, Scattone avrebbe potuto sparare anche altrove; sebbene la cosa avrebbe dovuto essere dimostrata.
    ***
    Gli avvocati di Scattone e di Ferraro obiettarono pure sui sequestri fatti a mani nude dagli agenti di polizia; però il pm ha risposto con una perizia, dalla quale risultava che nessuno dei poliziotti che prelevò borse e giacche aveva sparato nei giorni precedenti alla confisca.
    ***
    Quindi, in effetti, se non vere e proprie "prove", non c'è dubbio che qualche grave "indizio" a carico di Scattone e Ferraro effettivamente ci fosse; ma non era certo sufficiente a superare lo "sbarramento" del "ragionevole dubbio" di cui all'art.533 CPP.
    Serviva un "testimone oculare"!
    ***
    Per questo, anche in base alla videoregistrazione dell'interrogatorio della Alletto, molti, all'epoca, sostennero che la donna fosse stata "indotta" a cambiare la sua originaria testimonianza, e a dire che, invece, aveva visto tutto; suffragando, così, l'ipotesi incriminatoria dell'accusa, che, da sola, non avrebbe potuto reggere.
    ***
    Ma, a parte il fatto che la cosa non è mai stata dimostrata, anche se la testimonianza della Alletto fosse stata effettivamente "frallocca", questo non significa affatto che i due non fossero colpevoli di quanto ascritto loro.
    ***
    Un saluto! :)
    ***
     
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    Sono d'accordo con te. Fa sorgere dubbi.
    Mi pare strano che persone dell'istituto e addetti ai lavori si mettessero a sparare in un luogo pubblico e così frequentato; è molto pericoloso. C'era un poligono o altro? Ma cmq, non direi che si potesse sparare dalla finestra. Se fossero stati gli assassini che si esercitavano? Però manco di elementi, tipo le date di questi episodi o altro.

    Il problema del rilevamento delle prove sono le contaminazioni, oltre al modo di repertarle e conservarle, e il trasferimenti indiretti. Magari i due sospettati erano abituati a maneggiare armi da fuoco, o si erano sporcarti entrando in contatto con altri che ne portavano tracce. Pareri?
    Mi pare ci siano più congetture o indizi di circostanza che prove solide. Anche se di solito si cerca di sommare prove e creare uno scenario realistico e coerente alla realtà e escludere il resto per avvicinarsi al meglio alla verità.

    RI rdo che avevi detto che l'aAntimonio non era più usato nelle munizioni, ma potevano essere vecchie, anche se non so perché tenerle per decadi e poi la lana di vetro forse del bagno? Dove vennero esplosi i colpi?
     
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    Ciao Vlad. :)
    Quanto al fatto che persone dell'istituto e addetti ai lavori si mettessero a sparare in un luogo pubblico e così frequentato, era senza dubbio pericoloso; però, almeno all'epoca, "sparacchiare" con il calibro 0.22 era considerato quasi un gioco, come sparare con i "flobert" o con i fucili ad aria compressa (cose, comunque, egualmente pericolose e proibite)
    L'unico poligono pubblico, a Roma, era (ed è), a Tor di Quinto, molto fuori mano, e quelli privati sono tutti addirittura fuori città; per cui non poche persone si dilettavano (e tutt'ora si dilettano) a sparare anche in luoghi dove non dovrebbero.
    Hai perfettamente ragione anche nel dire che il principale problema del rilevamento delle prove sono le contaminazioni, oltre al modo di repertarle e conservarle, e i trasferimenti indiretti; per cui non è escluso che i due sospettati fossero abituati a maneggiare armi da fuoco, o si erano sporcarti entrando in contatto con altri che ne portavano tracce.
    Però la prova dello STUB, che è molto più attendibile di quella del guanto di paraffina, andrebbe fatta entro 4-5 ore dal presunto impiego dell’arma; oltre, è un test che diventa sempre più inaffidabile con il passare del tempo.
    Quanto all'Antimonio, il Dott. Leone Ambrosio, amministratore delegato della società Paganini, concessionaria italiana della Eley, intervenne all' udienza e dichiarò che l' antimonio, dagli anni '60 in poi, non era più contenuto nell' innesco delle cartucce prodotte dalla casa di Birmingham; per cui, salvo che alle soglie del '2000 sia stata usata una confezione di cartucce risalenti a circa 30/40 anni prima, la particella "binaria" trovata sulla finestra della Sala 6 non poteva con "ragionevolezza" essere attribuita a quello sparo.
    Io non sparerei mai usando munizioni così vecchie!
    Un saluto! :)
     
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    L'acquisto di armi è controllata, se non in rari casi, tipo furto o fatto acquistare da terzi ecc... I moventi sono sempre i soliti: soldi, gelosia o reputazione, altrimenti problemi mentali che sono sensati se si conosce la persona. Certo che come opportunità era un edificio aperto al pubblico, pieno di persone, che magari rende difficile non essere visti, ma se conosci il luogo è lo frequenti... Hanno rilevato in base all'angolazione di sparo l'altezza dell'assassino o altre caratteristiche, abilità nello sparo? Avrebbe senso nel caso fosse stata una vendetta verso il padre, che l'aggressore entrasse perfino nel palazzo per sparare? Forse per sviare le indagini?

    Edited by Vlad Bruce Logan - 21/11/2021, 06:37
     
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    Magari, rasoio di Occam: incidente di un genio che sparava per divertimento. Di giorno, in un luogo pubblico. Molto pericoloso e mi pare poco organizzato.
     
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    Ciao Vlad. :)
    L'altezza dell'assassino o altre sue caratteristiche non potevano essere rilevate, in quanto lui non ha sparato ad altezza d'uomo dalla strada, bensì da una finestra; inoltre l'angolazione del tiro è stata individuata solo in modo approssimativo, poichè, visto che il bersaglio era in movimento (passeggiava con un'amica), non si può sapere l'esatta posizione della sua testa quando è stata raggiunta dal proiettile.
    Un saluto :)
     
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    Con il passare degli anni, sulla scorta di sempre nuove esperienze e sperimentazioni, ci si rese conto che le particelle contenenti bario e antimonio dovevano essere considerate non più come certamente attribuibili a residui dello sparo ma solo compatibili con essi.
    In altre parole il ritrovamento di sole particelle contenenti bario e antimonio non venne più considerato, dalla maggioranza dei più qualificati esperti del settore, come indicazione certa di sparo.
    A suffragio di questa affermazione si rimanda a quanto scritto da T. A. Warlow a pag. 199 della sua opera Firearms, the Law and Forensic Ballistics (London, 1996)
    Ulteriori scoperte, riportate in seguito da C. Gentile negli Atti del Sedicesimo convegno nazionale di studio sulla disciplina delle armi (Brescia, 2000; pag. 217-226) e ripresa da C. Torre e colleghi (Brake Linings: A Source of non-GSR Particles Containing Lead, Barium, and Antimony in: J. Forensic Sci 2002;47(3); 494-504), permettono di affermare che non è più possibile ritenere come univocamente proveniente da fenomeni di sparo le particelle contenenti piombo, bario e antimonio.
     
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    A esaminarli tutti, non basterebbe una vita intera; soprattutto quel poco che avanza della mia :(
     
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    🍪🤘Ci sono due dettagli su Marta Russo.
     
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