GSR - residui dello sparo & Balistica forense, esplosivi & Fire investigation

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hania

Posted on 24/2/2016, 15:40

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Cosa sono i GSR e come si repertano?

La ricerca, lo studio e la caratterizzazione dei residui di colpi d’arma da fuoco trova fondamento nei materiali costituenti le capsule d’innesco delle
moderne cartucce delle armi da sparo e nei processi chimico-fisici che si sviluppano all’atto della detonazione. Gli inneschi, infatti, composti da
miscele di Sali sensibili alla percussione, quali Nitrato di Bario – Solfuro di Antimonio – Stifnato di Piombo – Siliciuro di Calcio – Clorato di potassio, passano dallo stato solido a quello gassoso (sublimazione) in funzione della forte energia termica e della elevata pressione prodotte al omento dello sparo. La percussione sul fondello della cartuccia ha come effetto il raggiungimento, per un brevissimo tempo (poco più di un millisecondo), di valori elevatissimi di temperatura e pressione ( 3600 °C e 40.000 psi corrispondenti a 2722 atm di pressione). Tale situazione provoca la sublimazione dell’innesco, dato che le temperature di vaporizzazione del piombo, dell’antimonio e del bario sono rispettivamente 1620, 1380, e 1140 °C. L’espulsione del proiettile comporta un rapido abbassamento di temperatura e pressione sino al raggiungimento di valori ambientali.
Considerato che le temperature di solidificazione dei tre elementi sono rispettivamente 328 °C per il piombo, 631 °C per l’antimonio e 725 °C per il bario, ne consegue che i primi a solidificarsi sono il bario e l’antimonio, i quali andranno a costituire il nucleo del granulo di GSR con eventuale rivestimento esterno (sotto forma di noduli) di piombo. Tali Granuli risultano costituiti da bario, antimonio e piombo singolarmente presenti nelle particelle o associati tra loro, insieme a quantità variabili di silicio, zolfo, calcio, cloro, potassio etc.. La presenza di elementi non specifici delle capsule di innesco trova ragione con l’associazione di questi ultimi, nello stadio di raffreddamento, sulla superficie dei GSR. Va infine sottolineato che non sempre il materiale innescante che compone la cartuccia produce dei residui chimicamente identificabili in maniera univoca. In alcuni casi, infatti, è la stessa variabile composizione del materiale innescante a non permettere un univoco riconoscimento del residuo, che potrà essere individuato solo se vi sarà la disponibilità dell’arma e del munizionamento utilizzati nell’evento delittuoso. Tali meccanismi di produzione tendono a conferire ai GSR un aspetto tipicamente sferoidale anche se in realtà tale aspetto è solo puramente indicativo e non discriminante, in quanto normalmente si ritrovano particelle originatesi dall’esplosione di colpi d’arma da fuoco di morfologia irregolare. La comunità Scientifica Internazionale è sostanzialmente concorde nel suddividere le particelle riferibili all’esplosione di colpi d’arma da fuoco in
due gruppi fondamentali in base alla loro composizione chimica elementare.
Tale classificazione, caratterizzata da criteri estremamente restrittivi, consente di suddividere:

- particelle con composizioni chimiche riconducibili a residui da sparo, denominate “esclusive”, costituite da piombo – bario – antimonio, eventualmente associate ad altri elementi;

- particelle con composizioni chimiche non esclusive dello sparo, denominate “compatibili” costituite da bario – antimonio, piombo – bario, oppure piombo – antimonio ed altri elementi metallici, che possono derivare sia dall’esplosione di colpi d’arma da fuoco che provenire da fonti ambientali e/o occupazionali.

Un’ulteriore differenziazione tra le particelle derivanti dall’esplosione di colpi d’arma da fuoco da quelle di origine ambientale e/o occupazionale
viene effettuata mediante l’applicazione della metodologia dell’X-ray Mapping che è un sofisticato e complesso sistema analitico consistente nel
selezionare delle “finestre spettrali” corrispondenti alla radiazione emessa un determinato elemento chimico, al fine di studiare come lo stesso sia
distribuito sul campione. In pratica si tratta di un sistema funzionante come un filtro passa-banda che permette di acquisire soltanto quel segnale avente lunghezza d’onda (o frequenza) compresa all’interno della “finestra spettrale” o banda di frequenza selezionata corrispondente proprio alla riga di emissione dell’elemento chimico che si sta “mappando”. Al fine di visualizzare tale segnale, non essendo la radiazione X percepibile dall’occhio umano, viene associato un colore dello spettro visibile ad un elemento chimico, attraverso un’elettronica ed un software appositamente concepiti. I residui dello sparo, pur presentando aspetti morfologici variabili (sferoidali, nodulari o anche irregolari), sono sistematicamente associati dall’omogenea distribuzione del bario e dell’antimonio, mentre il piombo (nelle particelle di piombo-bario-antimonio) può anche presentarsi sotto forma di semplici noduli o di sottile patina sulla superficie della particella. Quando il percussore impatta la cartuccia sulla capsula di innesco che contiene la carica di lancio (estremamente sensibile all’urto, è costituita di norma da sali organici e inorganici del piombo, bario e antimonio) si ha un’esplosione caratterizzata da elevati valori di temperatura e di pressione.
In questo modo, si ha la formazione di particelle, costituite dagli elementi di cui sopra e ad altri eventuali, che vengono rilasciate sull’arma e attorno ad essa. Il rilevamento di queste particelle dimostra scientificamente un inquinamento da residui di colpi d’arma da fuoco.

Per il repertamento dei residui si impiega un apposito tampone costituito da un corpo cilindrico recante, su un’estremità, un portacampione da microscopia elettronica (STUB) dalla superficie adesiva. Tamponando le zone interessate al prelievo, su detta superficie aderiscono molte particelle fra le quali si devono evidenziare quelle derivanti dall’esplosione del colpo. È indispensabile evitare che l’operatore possa inquinare il reperto con i residui da sparo da lui involontariamente recati. Per impedire l’inquinamento, la cui possibilità è sempre più frequentemente oggetto di discussione in sede dibattimentale, sia il confezionamento del KIT sia le modalità di repertamento sono state accuratamente studiate.
È bene chiarire che non esiste un limite di tempo superato il quale si può affermare che è inutile effettuare il prelievo. Tuttavia, genericamente, si indica un periodo pari a 6 - 8 ore. La casistica, comunque, ha dimostrato la possibilità di evidenziare residui da sparo anche dopo molte ore trascorse dall’esplosione del proiettile: si può verificare, ad esempio, che il sospettato possa maneggiare l’arma con cui ha sparato, in momenti successivi al fatto criminoso, magari per nasconderla o sbarazzarsene. In questo caso sarebbe l’arma stessa ad inquinare nuovamente il soggetto.