Ylenia Carrisi uccisa da un serial killer

Happy Face Killer, Dagli Usa nuova pista sulla fine della primogenita di Albano e Romina

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    Il Dna dei Carrisi sarà confrontato con i resti di una vittima del mostro. Happy face killer (il killer dalla faccia che ride) potrebbe avere ucciso Ylenia Carrisi, la figlia di Al Bano e Romina Power scomparsa a New Orleans il 31 dicembre 1993 e dichiarata morta il 31 dicembre scorso dal Tribunale di Brindisi. È solo un’ipotesi investigativa, per ora. L'Interpol tuttavia la ritiene così interessante da aver inviato i carabinieri a Cellino San Marco una ventina di giorni fa per prelevare campioni genetici di Al Bano e dei suoi figli Yari, Romina e Cristel. Romina Power, madre di Ylenia, si è sottoposta al prelievo a New York, dove si trovava quando la polizia americana ha deciso di verificare se il corpo della giovane donna trovato ad Holt, in California, il 15 settembre 1994, appartenga ad Ylenia, all'epoca scomparsa da nove mesi. Una svolta, questa, che chiarirà in quali circostanze la bella, tormentata e fragile figlia dell'ex coppia felice della musica italiana, sia scomparsa? Improbabile. Al Bano avrebbe commentato: «Argomento doloroso, nessun commento. Stiamo a vedere».
    Di piste ne sono state seguite, in questi venti anni. Ylenia in un convento, Ylenia viva e vegeta nella stessa Cellino San Marco, Ylenia in giro per l'America. Per spiegare questo nuovo capitolo, occorre parlare di Keith Hunter Jesperson, un canadese sessantenne che sta scontando tre ergastoli nell'Oregon State Penitentiary a Salem. Un omone di centoventi chili, lo sguardo spiritato di tutti i serial killer, conosciuto come «Happy face» perché, in virtù di una caratteristica comune a tutti gli assassini seriali (quella cioè di svelarsi e di tutelarsi contemporaneamente), scrisse confessioni sui muri ed ai giornali accompagnandole con uno smile. Accusato di aver ucciso otto donne in cinque anni, fu arrestato il 30 marzo 1995. Ne confessò 160, di omicidi.
    Jesperson aveva avuto un'infanzia danneggiata: il padre, alcolizzato, lo costringeva a versargli 30 dollari a settimana per vitto alloggio. I compagni di scuola lo deridevano perché grande e grosso. Lui sviluppò una rabbia che si trasformò in follia. A dieci anni catturava cani e gatti, li torturava e poi li strangolava. «Happy face killer», che ufficialmente era un camionista, confessò nel 1996 di avere ucciso un'autostoppista che gli aveva chiesto un passaggio a Tampa city, in Florida: era diretta in California. Jesperson ha ricordato che lei gli disse di chiamarsi Suzanne, lo stesso nome che si era data Ylenia Carrisi nel periodo in cui viveva in America. Le ossa del cadavere trovate a Holt nel 1994 appartengono all'autostoppista uccisa dal serial killer? Nel 2014, dopo vent'anni, gli uomini dello sceriffo di Palm Beach, che non ha mai smesso di indagare su quel cadavere senza nome, hanno chiesto al perito Paul Moody di ricostruire il viso della sconosciuta, con l'aiuto dello stesso autore dell'omicidio.
    Prima con qualche schizzo (Jesperson in galera si è dedicato alla pittura, qualcosa vende anche attraverso Internet) poi con una vera e propria ricostruzione in 3d. La somiglianza con Ylenia Carrisi, definita stupefacente, lascia invece qualche dubbio. Tuttavia l'approfondimento è opportuno: le circostanze della scomparsa di Ylenia non sono infatti mai state chiarite, nonostante la dichiarazione di morte presunta arrivata dopo la richiesta presentata da Al Bano. L'ex moglie Romina Power non ha mai creduto che la figlia fosse morta, così come parte della sua famiglia. L'ennesimo motivo di frattura con Carrisi, che ha trovato concreta la spiegazione sulla fine di Ylenia nella dichiarazione di un guardiano dell'acquario di New Orleans. La primogenita del cantante pugliese e dalla figlia di Tyrone Power, aveva 24 anni, un viso bellissimo, una somiglianza straordinaria con il celebre papà, quando partì per il Belize voleva scrivere un libro sugli «Homeless». L'ultima telefonata che fece al padre fu il 31 dicembre 1993. Fu una chiamata breve e tesa, Al Bano voleva che la figlia tornasse a casa e passasse le feste in famiglia. Era fortemente contrariato dal fatto che Ylenia si trovasse nuovamente a New Orleans, città nella quale, circa 6 mesi prima, durante un'esplorazione dell'intera famiglia negli Stati Uniti, aveva conosciuto Alexander Masakela. Il giorno successivo Ylenia richiamò ma parlò solo con la madre ed i nonni. E infatti a New Orleans, ambigua patria del jazz e del voodoo, la ragazza era insieme al musicista di colore, Alexander Masakela, all'epoca cinquantatreenne. Vivevano nella stessa camera all'albergo LeDale, un postaccio da cui Ylenia si allontanò la sera del 31 dicembre (in Italia già primo gennaio). Masakela non denunciò mai la sua assenza; nei giorni successivi all'ultimo avvistamento di Ylenia nell'hotel, l'uomo portò in stanza altre ragazze per avere con loro rapporti sessuali, questo non era mai successo prima del non-ritorno della Carrisi. Ciò lascerebbe pensare che l'uomo avesse la certezza che l'italiana non avrebbe potuto fare ritorno da un momento all'altro.
    Il guardiano dell'acquario Albert Cordova, morto nel 2006, dichiarò ma solo il sei gennaio, quando iniziarono le ricerche della giovane italiana, che aveva visto una ragazza molto simile ad Ylenia, con un vestito a fiori, tuffarsi nel Mississipi, dicendo: «Io sono una figlia dell'acqua». Il suo corpo non fu mai trovato. E se Romina Power ritenne la testimonianza di Cordova non soddisfacente (un esperto biologo confermò che il Mississipi, nonostante la sua "fama", qualcosa restituisce sempre, anche solo un indumento), Al Bano si convinse che sua figlia fosse morta in quelle circostanze: «Già un'altra volta si era gettata nell'acqua e si era salvata per miracolo». Il caso venne ripreso nel 2011 dalla trasmissione tv «Chi l’ha visto» e s'incentrò sulla figura solforosa di Alexander Masakela, che subito dopo la scomparsa di Ylenia, aveva cercato di pagare l'albergo e andarsene con i traveler's cheque di Ylenia. Alexander Masakela ha fornito spiegazioni non chiare agli inquirenti ma dopo 7 giorni di fermo è tornato libero. I carabinieri del Ris hanno in mano il dna delle famiglia Carrisi e Power e stanno provvedendo a disegnare un profilo genetico da consegnare agli americani.



    Edited by |Kei| - 17/1/2016, 14:42
     
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