Posts written by Investigatore

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    Molto bene :) benvenuta nel forum! :)
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    Ha ragione Dr Mark
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    Cercherò qualcosa:-) grazie! :)
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    Richard Chase richard-trenton-chase

    Nome Completo: Richard Trenton Chase

    Soprannome: Il Vampiro di Sacramento

    Nato il: 23 maggio 1950

    Morto il: 26 dicembre 1980

    Omicidi: 6 accertati

    Modus Operandi: Uccideva le sue vittime con un fucile di piccolo calibro e poi faceva scempio dei cadaveri sezionandoli, mangiandone parti e bevendone il sangue.


    Richard Trenton Chase (Sacramento, 23 maggio 1950 – Vacaville, 26 dicembre 1980) è stato un assassino seriale statunitense. Soprannominato Il vampiro di Sacramento, è stato ritenuto colpevole di sei omicidi commessi tra il dicembre 1977 e il gennaio 1978, con metodi che includevano vampirismo e squartamento: a causa del modus operandi adottato, viene spesso identificato come il prototipo di serial killer disorganizzato.

    La malattia

    Originario di una famiglia violenta (i genitori erano convinti che la disciplina si potesse insegnare solo con la violenza), sin dall'infanzia Chase iniziò a soffrire di alcuni sintomi identificati come triade di Macdonald (enuresi, piromania e zoosadismo, quest'ultimo sotto forma di uccisione e tortura di gatti). In età adolescenziale iniziò a soffrire di una forma di impotenza (ritenuta da alcuni psicologi che lo visitarono come il focolaio di una malattia mentale) e ad abusare di droghe e medicinali. In seguito a ciò Chase iniziò a manifestare gravi disturbi paranoidi che furono diagnosticati come una forma di schizofrenia dopo che fu ricoverato all'ospedale in preda a delle allucinazioni (dichiarò ai medici che qualcuno gli aveva rubato l'arteria polmonare, che le sue ossa stavano uscendo dal corpo e che lo stomaco si stava sciogliendo).

    Ormai sprofondato in uno stato ipocondriaco e convinto di essere stato avvelenato dai genitori[8], Chase si trasferì in un nuovo appartamento e iniziò ad effettuare pratiche di vampirismo su conigli, squartandoli e bevendone il sangue per salvare il proprio cuore che si stava rimpicciolendo. Ricoverato per una seconda volta in seguito ad una grave intossicazione del sangue (si era iniettato nelle vene del sangue contaminato da acido), gli fu diagnosticata una schizofrenia dovuta all'abuso di farmaci curabile con un farmaco sperimentale. In seguito agli scarsi risultati della terapia, Chase tentò di fuggire dall'ospedale, ma fu trasferito in un'altra clinica dove gli fu diagnosticata la sindrome di Reinfeld per poi essere rilasciato perché non ritenuto pericoloso.

    Gli omicidi

    Stabilitosi in altro appartamento e senza più l'aiuto dei genitori (che smisero di passargli i medicinali)[8], Chase ricominciò a torturare animali. Di lì a poco Chase decise di passare agli omicidi: la prima vittima fu Ambrose Griffin, un ingegnere di 51 anni ucciso il 27 dicembre 1977 con un colpo di fucile calibro 22 sparato da lunga distanza. Nei giorni successivi Chase iniziò a vagabondare per le case del vicinato alla ricerca di nuove vittime: pur essendo talvolta individuato, riuscì a fuggire non prima di aver messo a soqquadro le abitazioni e sfregiato i mobili urinando o defecando nei cassetti.

    Il 23 gennaio 1978 Chase si introdusse nella casa di Theresa Wallin, ventiduenne incinta di tre mesi: dopo averla uccisa con 3 colpi di fucile calibro 22, la trascinò sul letto iniziando a compiere atti di squartamento, vampirismo e necrofilia. Quattro giorni dopo, Chase uccise quattro persone (tra cui un neonato, il cui corpo sarà ritrovato solo il 24 marzo nei pressi di una chiesa) con lo stesso metodo adottato per la vittima precedente.

    L'arresto e la condanna

    Immediatamente identificato grazie alle dichiarazioni di una sua ex compagna di classe incontrata il giorno del primo omicidio e al recupero della cartella clinica, Chase fu arrestato il giorno successivo al triplice omicidio. Dopo alcuni mesi di dibattito sulla sua sanità mentale, il 2 gennaio 1979 si aprì il processo a Chase che si concluse con una condanna a morte (emessa l'8 maggio) per l'omicidio di sei persone. Il 26 dicembre 1980, dopo più di un anno dalla condanna (in cui fu ripetutamente interrogato da psichiatri dell'FBI nel tentativo di tracciarne un preciso profilo psicologico), Chase si suicidò ingerendo un'enorme quantità di farmaci antidepressivi.
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    Benvenuto nel forum! :)
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    Caso Yara: il punto della situazione a più di un mese dall’arresto di Bossetti

    Era il 16 giugno scorso quando verso le 17 i carabinieri prelevavano da un cantiere di Mapello Massimo Giuseppe Bossetti, fino a quel giorno un perfetto sconosciuto all’opinione pubblica. Se non fosse che un’agenzia dell’Ansa quel pomeriggio sentenziò, attraverso le parole del Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che “l’assassino di Yara era stato arrestato”. Da quel giorno, Bossetti è diventato, suo malgrado, l’”Ignoto1” più famoso d’Italia.

    Massimo BossettiMassimo Giuseppe Bossetti, infatti, è al 99.99% il figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni, l’autista di Gorno scomparso nel 1999, quel figlio così a lungo cercato dagli inquirenti attraverso il prelievo e l’analisi di migliaia di DNA appartenenti agli abitanti delle zone circostanti a Brembate di Sopra. Qui la 13enne Yara Gambirasio ha vissuto con la famiglia fino a quel tragico 26 novembre 2010, quando venne rapita, uccisa e abbandonata ancora agonizzante in un campo di Chignolo d’Isola, poco distante da Brembate, dove fu ritrovata esattamente tre mesi dopo.

    Una volta ritrovato, la speranza degli inquirenti era quella che il corpo della giovane ginnasta potesse parlare. E alla fine quel corpo ha parlato: macchie di sangue del suo assassino furono ritrovate sugli indumenti di Yara, assieme ad altre tracce – tra cui peli di animale e pulviscolo di materiali utilizzati nell’edilizia – che, dopo anni di indagini, hanno portato al muratore di Mapello.

    Chi, invece, almeno nei giorni immediatamente successivi al fermo, non ha voluto parlare, avvalendosi della facoltà di non rispondere, è stato proprio Massimo Giuseppe Bossetti. Poi, il cambio di strategia: respinte tutte le accuse e dichiaratosi innocente, ha chiesto di poter parlare con il Pm, Letizia Ruggeri, al timone delle indagini. Di quel colloquio i legali di Bossetti, Claudio Salvagni e Silvia Gazzetti, hanno riferito alla stampa della volontà del loro assistito di dimostrare la propria innocenza, fornendo agli inquirenti un’altra pista.

    Pare, infatti, secondo il racconto dello stesso Bossetti, che soffra di epistassi, di cui i colleghi con i quali lavorava al tempo della scomparsa di Yara sarebbero a conoscenza e che, se interrogati, avrebbero potuto confermare. Dunque, le sue tracce sul corpo di Yara sarebbero arrivate lì per errore, per colpa di qualcuno che potrebbe aver utilizzato degli attrezzi sporchi del sangue dell’indagato. Un’ipotesi poco convincente, che neanche gli inquirenti sembrerebbero aver preso in considerazione.

    Ora, proprio gli inquirenti stanno cercando ulteriori prove a carico di Bossetti che confermino la loro tesi. Ad esempio, l’analisi delle celle telefoniche ha rivelato che la sera del 26 novembre 2010 il cellulare di Bossetti e quello di Yara agganciarono la stessa zona prima che entrambi venissero spenti. Quello di Bossetti, in particolare, restò spento per ben 14 ore, fatto insolito per l’uomo, e si riaccese soltanto il giorno dopo. Inoltre, è emerso che Massimo Giuseppe Bossetti frequentava spesso quelle zone fino alla scomparsa di Yara, come confermano l’edicolante e l’estetista di Brembate che lavoravano proprio nei pressi della palestra frequentata da Yara. C’è poi anche una telecamera che avrebbe documentato il passaggio di un furgone bianco molto simile a quello di Bossetti la sera dell’omicidio della ginnasta.

    Proprio l’Iveco Daily di Bossetti e la sua auto, una Volvo V40, sono stati analizzati dai Ris di Parma attraverso il luminol, che consente di evidenziare la presenza di tracce ematiche anche a distanza di anni. Al momento, però, sembrerebbe che di Yara lì non ci sia nessuna traccia. Analizzato anche il pc del muratore di Mapello da cui emergerebbero alcuni file hard, ma che secondo gli inquirenti sarebbero trascurabili e, dunque, non rilevanti ai fini dell’inchiesta. Inoltre, nelle ultime ore gli investigatori stanno analizzando ricevute e scontrini rinvenuti in casa Bossetti, per individuarne gli spostamenti e verificare l’esistenza di ulteriori elementi a supporto dell’impianto accusatorio. Nel frattempo, il Pm ha disposto il dissequestro dell’abitazione di Bossetti. “Potevano anche smontarla…”, sembrerebbe aver commentato l’uomo. Sempre negli ultimi giorni, poi, si sta facendo strada tra gli inquirenti l’ipotesi che Bossetti possa non aver agito da solo, ma aiutato da un complice, forse – pare – straniero e fuggito all’estero.

    Dal carcere di Bergamo Massimo Giuseppe Bossetti continua, dunque, a professarsi innocente, e dopo aver già chiesto e ottenuto di incontrare la moglie – che, ascoltata dagli inquirenti, non gli ha però fornito un alibi per quella tragica sera – ora ha espresso il desiderio di vedere il padre, Giovanni Bossetti – o meglio, l’uomo che lo ha cresciuto – che sembrerebbe avere dei problemi di salute. E mentre le indiscrezioni su questa complicata inchiesta si susseguono freneticamente giorno per giorno tra continue smentite e conferme, c’è chi ancora si ostina a negare l’evidenza.

    Una su tutti, la madre di Bossetti. Ester Arzuffi – questo è il suo nome – si è infatti scagliata contro i risultati del test del DNA che hanno inchiodato suo figlio, sostenendo che è stata la scienza a sbagliare e che Massimo Giuseppe e la sua sorella gemella sono figli di suo marito. Nel frattempo, i legali di Bossetti hanno dichiarato che faranno ripetere l’esame del DNA sul corpo di Yara. Gli inquirenti, però, per il momento sembrano procedere in un’unica direzione: continuare a raccogliere prove a carico di Bossetti e arrivare quanto prima ad un processo con rito abbreviato.


    Da CronacaNera
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    benvenuto nel forum ! :)
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    ahahah xD ci risalutiamo ! bhe ribenvenuto nel forum :)
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    Inserisco subito!
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    che ne parlino sinceramente non ne conosco a parte i libri di sherlock holmes però posso dirti che qui troverai parecchio materiale utile ;) !
    benvenuto nel forum e buona formazione :)
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    Inserita! ;)
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    Grazie! Ne inserisco alcune proposte! :)
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    Fammi vedere cosa posso fare con le targhette e poi ti faccio sapere! :)
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    Robert Berdella sk_robertberdella

    Nome Completo: Robert Berdella

    Soprannome: Il Macellaio di Kansas City (The Butcher of Kansas City)

    Nato il: 31 gennaio 1949

    Morto il: 8 ottobre 1992

    Vittime Accertate: 6, ma si sospetta fino a 20

    Modus Operandi: Attirava giovani ragazzi a casa per poi drogarli, stuprarli, torturarli e infine ucciderli.


    Presentiamo la storia di Bob Berdella, il serial killer omosessuale conosciuto col soprannome de Il Macellaio di Kansas City, l'assassino seriale autore di 6 omicidi accertati, sei uomini strappati alla vita dopo giorni di tortura all'interno della casa degli orrori in Charlotte Street...


    Robert Berdella: infanzia e adolescenza

    L'infanzia di Robert Berdella è decisamente poco nota, e pochi sono i fatti certi.
    Robert, che sarà in seguito chiamato spesso semplicemente Bob, nasce nello stato dell'Ohio, a Cuyahoga Falls, un sobborgo di Akron e Cleveland.

    I suoi genitori sono un operaio e una casalinga, cattolici praticanti, che lo fanno battezzare quando ha 12 anni.

    La sua esistenza scorre "normale e tranquilla", nonostante ogni tanto il padre, un dipendente della casa automobilistica Ford, lo picchi e lo prenda a cinghiate. L'amore paterno sarà maggiormente indirizzato all'altro figlio, Daniel, nato a maggio del 1956 e più giovane di 7 anni di Robert.

    A scuola è tutt'altro che brillante. A dir la verità ottiene quasi sempre voti più che discreti, ma finisce sempre con l'essere percepito come un alunno difficile, uno di quelli cui insegnare qualcosa è compito arduo.


    Robert Berdella: 16 anni, la violenza e Il Collezionista

    La "discesa all'inferno" di Bob Berdella comincia nel 1965, il suo autentico anno maledetto.

    Diventa vittima di un crimine violento di natura sessuale: per raccimolare qualche soldo comincia a lavorare come assistente cuoco in un ristorante, ma viene violentato da un collega di lavoro.

    Smette di andare in chiesa e ad assistere alle funzioni settimanali.

    In televisione vede per intero The Collector e ne resta grandemente impressionato. Il film è tratto dal noto romanzo di John Fowles e narra le vicende di un uomo che rapisce e tiene prigioniera una donna.

    Nel dicembre di quell'anno suo padre, una figura cui era legatissimo, muore improvviamente a soli 39 anni per un attacco cardiaco.

    Ancor peggio, suo madre si lega subito dopo a un altro uomo, che sposerà di lì a poco: Robert resta scosso da questo comportamento poco delicato e "irrispettoso" della madre.

    Questi cinque avvenimenti segnano per sempre la sua esistenza.


    Robert Berdella: droghe, alcol e spaccio

    Nell'agosto del 1967 si iscrive all'Istituto d'Arte di Kansas City e compaiono nella sua vita alcuni comportamenti preoccupanti: Robert sottopone a tortura diversi animali (uno dei tre segnali premonitori della Triade di MacDonald) e arriva addirittura a sperimentare su di loro gli effetti di diverse sostante somministrate attraverso iniezione.

    In quell'anno droghe e alcolici, che negli ultimi due anni erano stati semplici passatempi coi quali sfogarsi, diventano parte integrante della sua vita: il diciottenne abusa di sostanze stupefacenti e di alcol, arrivando a spacciare per guadagnare il denaro necessario per permettersi queste nuove dipendenze.

    Ma l'attività di spacciatore cominciano anche i suoi problemi con la legge.
    Viene arrestato nel gennaio del 1968 da un agente sotto compertura, con l'accusa di spaccio di anfetamine: al processo si dichiarerà colpevole e verrà condannato a cinque anni di reclusione. La pena sarà poi sospesa.

    Poco dopo, nel febbraio 1968, sarà arrestato per il possesso di LSD e marijuana. Passerà cinque giorni in una cella in attesa del rinvio a giudizio, ma le accuse saranno poi fatte cadere per mancanza di prove.


    Robert Berdella: sesso, cucina e la casa in Charlotte Street

    Col passare dei mesi Bob Berdella diviene sempre più cosciente della propria omosessualità, anche se non sarà mai un individuo sessualmente molto attivo prima dei 30 anni. Vivere ancora con la madre, del resto, non aiuta.

    Sul fronte del lavoro invece le cose vanno bene: Robert è un ottimo chef, apprezzato da molti ristoranti e sufficienetmente accreditato per scrivere delle recensioni enogastronomiche su periodici dell'area di Kansas City.

    Le cose vanno così bene col lavoro da cuoco, che nel settembre del 1969 può addirittura permettersi l'acquisto di una piccola villetta al 4315 di Charlotte Street, dove va a vivere da solo.
    Qualche mese dopo abbandonerà per sempre la scuola d'arte.

    Robert Berdella: i bizzarri anni '70

    Per quasi dieci anni Bob Berdella conduce un'esistenza "normale", da perfetto cittadino inserito nella società.
    La sua carriera da chef procede a gonfie vele. Apprezzato e stimato cuoco presso ristoranti e country club, Bob si iscrive anche ad associazioni locali di Chef e organizza corsi per aspiranti cuochi.

    Si attiva anche per la città, evidenziando un senso civico non comune: organizza eventi per la prevenzione del crimine e istituisce associazioni cittadine di monitoraggio del territorio. Si dedica inoltre ai giovani ragazzi in difficoltà, offrendo loro spesso vitto e alloggio oltre che sostegno morale.

    Accetta pienamente la propria omosessualità e non ne fa segreto in pubblico.

    Si sceglie un hobby molto particolare: l'esoterismo.
    Bob comincia ad affittare una bancarella nel locale mercato delle pulci, che chiama Bob’s Bazaar Bizarre, e vende il consueto paraphernalia legato al macabro, al gotico e all'esoterismo. Tra la sua mercanzia spiccano teschi decorati d'arredamento, statuette di scheletri incappucciati, candele rituali, tarocchi e prodotti simili.

    E sul suo biglietto da visita una frase che la diceva lunga su quello che sarebbe di lì passato per la testa del paffuto Bob:
    I rise from death. I kill death, and death kills me - although I carry poison in my head. The antidote can be found in my tail, which I bite with rage.
    Io risorgo dalla morte. Io uccido la morte, e la morte uccide me - nonostante io abbia il veleno nella mia testa. L'antidoto si trova nella mia coda, che mordo con rabbia.

    Tutto procede per il meglio insomma, o quasi, e nulla lascerebbe presagire che questo tranquillo cuoco dall'aspetto paffuto e docile diventerà da lì a qualche anno un terribile predatore che rapirà, stuprerà, torturerà e ucciderà numerosi giovani ragazzi, diventando un mostro al pari di altri sadici serial killer omosessuali quali Jeffrey Dahmer o John Wayne Gacy.


    Bob Berdella: lavoro in proprio e cuore spezzato

    Nel 1981, a 32 anni, Robert Berdella compie un importante passo: si mette in proprio.
    Abbandona per sempre il suo lavoro da cuoco per dedicarsi a tempo pieno al Bob’s Bazaar Bizarre, un'attività cresciuta così tanto da portargli nelle tasche dei bei soldi.

    E anche in campo amoroso c'è un'importante svolta: fatto outing, si innamora profondamente e si lega a un reduce della guerra del Vietnam.
    Bob vive con pienezza questa storia d'Amore, che però dura poco. Il suo compagno, una persona dai numerosi problemi, lo lascia presto.

    Per Robert Berdella quest'abbandono è l'inizio della fine. Da quel doloroso momento lui e la sua vita non saranno mai più gli stessi.

    Comincia a pagare dei giovani prostituti per fare sesso. Bazzica i loro ambienti, spesso diviene loro amico.
    Per due anni continuerà a circondarsi di mercenari giovani e attraenti, permettendo spesso loro di vivere in casa sua in cambio di compagnia e di lavoretti domestici di vario genere.

    Poi, nell'estate del 1984, incontra Jerry Howell.


    Robert Berdella: il primo omicidio

    Bob Berdella comincia a uscire con Jerry Howell nel giugno del 1984. Jerry è un prostituto diciannovenne di bell'aspetto che farà "coppia fissa" con Robert fino al giorno della sua morte.

    Il 5 luglio 1984 è il giorno in cui per Berdella i tempi sono maturi per trasformare in realtà le visioni che tanto lo avevano impressionato guardando il film The Collector. Conduce Jerry in casa sua e lo droga con dei sedativi per animali. Poi lo immobilizza legandolo a un letto e lo imbavaglia.

    Nelle ore successive stupra e violenta ripetutamente il ragazzo, scattando numerose foto per immortalare l'accaduto e prendendo accuratamente nota su un diario di quanto fatto e di quanto provato.

    Il giovane Howell muore per asfissia dopo un giorno di questo trattamento.

    Berdella sa già cosa fare per disfarsi del cadavere.
    Bob lo porta in cantina e lo appende a testa in giù: ne incide poi le carni in profondità, tranciando vene e arterie, e dissanguandolo. Successivamente lo farà a pezzi, "imbustando" tranci del corpo all'interno di normali sacchi della spazzatura. Sacchi che i netturbini provvederanno a raccogliere e a gettare in discarica, all'oscuro di tutto.

    Bob Berdella: 1985, continua la mattanza

    Il 10 aprile 1985 Bob invita un suo "amico", Robert Sheldon, a stare in casa sua per un paio di giorni.
    Le intenzioni di Berdella sono predatorie: vuole drogare il ragazzo e usarlo come "schiavo del sesso" a volontà. E così infatti avviene: stordito e stonato dalle droghe, Sheldon è un mero burattino nelle vogliose mani del paffuto trentaseienne Berdella.

    Il giorno dopo però Sheldon lamenta malesseri a causa delle droghe e Bob decide di portarlo da un dottore per delle cure.

    Tornati insieme a casa il 12 aprile, Robert Berdella deve infine decidere cosa fare del suo amico. Lasciarlo andare o "tenerlo"?
    Sheldon però si ubriaca e resta e non è in grado di andarsene sulle proprie gambe: per Bob è un segno.

    L'amichetto viene drogato e successivamente legato e imbavagliato. Poi subirà violenze e sodomia per oltre tre giorni.

    Il 15 aprile 1985 un operaio edile si presenterà al 4315 di Charlotte Street: Berdella aveva precedentemente concordato con lui alcuni piccoli lavori sul tetto di casa.
    Per evitare che eventuali rumori o lamenti prodotti da Sheldon possano essere uditi dall'operaio, Berdella non esita a soffocarlo con un sacchetti di plastica, uccidendolo.

    In seguito, secondo un modus operandi che andava affinandosi, dissanguerà il cadavere di Sheldon all'interno della propria vasca da bagno e lo farà in pezzi da gettare nella spazzatura all'interno di sacchetti neri.

    Dell'amichetto si terrà però un ricordino: la testa, che seppellirà nel giardino dietro casa.

    Tutto quanto fatto viene naturalmente annotato all'interno del prezioso diario dell'assassino.

    Nel corso del 1985 altri due sventurati subiranno la stessa macabra sorte.
    Mark Wallace, che in passato lo aveva aiutato in alcuni lavori di giardinaggio, viene invitato a casa di Berdella il 22 giugno, finendo poi con l'essere violentato, torturato e ucciso il giorno dopo. James Ferris, rimorchiato in un bar gay, sarà invece stuprato, torturato e soffocato tra il 26 e il 27 di settembre.

    I cadaveri saranno tutti fatti sparire con la usuale "tecnica Berdella": dissanguati in vasca da bagno, smembrati, nascosti all'interno di sacchetti della spazzatura e gettati in discarica.


    Robert Berdella: 1986-1987, il piacere si prolunga

    Dopo aver ucciso ben 3 persone nel 1985, Berdella cambia strategia nei due anni successivi: farà sua una sola vittima all'anno, ma prolungherà il "periodo di gioco" con ognuna di esse per molto tempo. Non sarà più questione di ore o pochi giorni, ma di settimane.

    Il 17 giugno 1986 Bob incontra nuovamente un marchettaro che da tempo conosceva, Todd Stoops. Stabilito che il ragazzo sarà il suo nuovo "toy boy" del periodo, lo invita a casa e se lo lavoro col solito e collaudato rito: droga e calmanti per il controllo, catene, bavaglio e legacci per la sottomissione.

    E poi indicibili violenze e torture. Per ore, giorni, settimane.

    Il calvario di Stoops si conclude con episodi di fist fucking particolarmente traumatici che gli provocano la lacerazione dell'ano e conseguente setticemia. Berdella tenta gestire e risolvere la situazione con iniezioni di antibiotici per cani miste a sgorganti e liquidi vari, ma senza successo.

    Il 5 giugno 1987 Berdella invita a casa sua Larry Pearson, una vecchia conoscenza appena uscita di prigione. Pearson, chiaramente in difficoltà dopo il rilascio, accetta volentieri.
    A partire dal 23 giugno sarà prima drogato e poi torturato per sei settimane nella cantina della "casa degli orrori" di Berdella.

    Il 5 agosto 1987 qualcosa sfugge al controllo di Berdella, che viene morso con forza al pene da Pearson. La ferita è così grave che Robert è costretto ad andare all'ospedale per farsi medicare. Una volta lì viene prima soccorso e poi invitato a farsi ricoverare per un veloce intervento. Accetta l'invito, ma prima torna a casa sua.

    Una volta nella sua cantina prende un sacchetto di plastica e lo usa per soffocare Pearson, ancora immobilizzato a un letto. Lascia poi il cadavere così comè e torna in ospedale a farsi operare.

    Due giorni dopo, il 7 agosto, rientra a casa e si libera del cadavere usando l'affidabile "tecnica Berdella".
    Conserva però per sè la testa di Pearson, che seppellisce nel giardino dietro casa in sostituzione di quella di Robert Sheldon, che giaceva lì da oltre due anni.

    Il teschio di Sheldon, insieme a una piccola sacca con i denti dell'ex prostituto, finisce in bella mostra nella camera da letto di Berdella.

    Robert Berdella: Chris Bryson, un errore, la fine

    Il 29 marzo 1988 Berdella rimorchia il ventiduenne belloccio Chris Bryson, invitandolo a passare del tempo con lui in casa sua.
    Bob ancora non sa che questa sua scelta gli sarà fatale.

    Bryson non sospetta nulla di quello che gli sta per accadere ed è molto soddisfatto. Il suo nuovo cliente è un quasi quarantenne mite, paffutello e fuori forma, immagina di poter fare soldi facili e di non correre alcun rischio.

    Una volta entrato nella villetta al 4315 di Charlotte Street, Bryson resta un attimo turbato di fronte alle condizioni igieniche del piano terra dell'abitazione: pile di immondizia, giornali, avanzi sparsi per tutto il pavimento e un forte odore di feci di cane.
    I tre cani Chow Chow di Berdella scorazzano scodinzolanti lì attorno, così Bob propone di andare al piano di sopra, dove "staranno tranquilli".
    Una volta saliti tutto procede secondo un canovaccio ormai ben rodato. Bryson viene prima stordito con un colpo alla nuca, poi drogato e sedato per bene, infine legato e immobilizzato a un letto.

    Per Bryson cominciano così 4 giorni di terribili violenze e torture: sgorgante negli occhi, scosse elettriche ai testicoli, pestaggi con tubi e minacce di morte nel caso non si adatti al suo nuovo ruolo di "schiavo sessuale".
    Robert Berdella continuava a minacciarlo sia a parole che mostrandogli delle polaroid zeppe di ragazzi vittime di torture, in alcuni casi apparentemente morti.

    “Se non fai il bravo finirai nella spazzatura come gli altri”, erano le parole del mostro che lo teneva prigioniero.

    Ma il 2 aprile 1988, a causa di una trascuratezza commessa dal suo sadico carceriere, che prima di lasciarlo da solo per andare al lavoro lo lega con le mani davanti al corpo anzichè dietro la schiena, Bryson riesce a liberarsi. Il ragazzo si getterà poi dalla finestra del secondo piano dell'abitazione e si trascinerà in strada, fino a giungere a una abitazione lì vicino.

    Nudo, con la sola eccezione di un collare per cani attorno al collo, il corpo martoriato, gli occhi arrossati, un piede gravemente ferito, esausto, è così che lo trova il suo salvatore, un vicino di casa di Berdella che non esita un attimo a chiamare la Polizia.

    Bryson, sotto shock, impiegherà del tempo a trovare le forze per rilasciare una lunga deposizione che darà vita alle indagini su Robert Berdella.
    Per il Macellaio di Kansas City è la fine.


    Robert Berdella: l'arresto

    Berdella, accusato di vari reati quali sodomia, rapimento e aggressione, viene arrestato e si vede inizialmente assegnata una cauzione di 500.000$.

    Tra il 2 e il 4 aprile 1988 la casa di Robert Berdella viene perquisita a fondo.
    Alla polizia si mostra quindi tutto il campionario di oggetti bizzarri e macabri di cui il serial killer amava circondarsi.
    Tra di questi alcuni libri sulla magia VooDoo, qualche opera del Marchese De Sade, e un paio di teschi di dubbia provenienza usati come soprammobili.

    In una scatola vengono poi ritrovate oltre duecento foto polaroid che mostrano giovani uomini sottoposti a torture e sesso estremo. Quando uno degli investigatori scopre che almeno uno degli uomini sulle foto di Bob Berdella, ritratto mentre è appeso per i piedi a testa in giù, è senza dubbio morto, la cauzione viene ritirata e le investigazioni sul caso aumentano: la Polizia rivolta come un calzino l'intera abitazione del serial killer, andando anche a scavare anche nel suo giardino.

    Lì viene ritrovato il teschio di Pearson, mentre delle analisi stabiliscono che uno dei due teschi trovati in bella vista all'interno della casa è effettivamente quello di un uomo.

    Ulteriori ricerche porteranno poi alla luce l'atroce contenuto del Diario dell'assassino seriale, dove sono annotate tutte le atrocità da lui perpetrate sulle sue vittime e relative impressioni e conseguenze.


    Robert Berdella: il processo e la morte

    Il 22 luglio 1988 il Grand Jury accusa formalmente Berdella dell'omicidio di Larry Pearson, il 2 settembre 1988 di quello di Robert Sheldon.

    La comunità di Kansas City è sconvolta: nessuno avrebbe mai potuto credere che un individuo così tranquillo e dedito a "opere di bene" - come il fare parte di ronde cittadine di sorveglianza contro il crimine o il prestare sostegno e aiuto a così tanti giovani in difficoltà - potesse invece essere un tale mostro.

    Una volta rimandato a giudizio e privo di ogni possibilità di essere assolto, per evitare la pena di morte Robert Berdella giunge a patti con la giustizia: si farà carico e fornirà una completa confessione di tutti i suoi crimini in cambio della vita. La pubblica accusa accetta la sua proposta.

    Il 13 dicembre 1988 Bob comincia così a vuotare il sacco, con una lunga confessione che durerà tre giorni, dove ammetterà di aver ucciso almeno sei persone.

    Il 19 dicembre 1988 viene condannato per l'omicidio di primo grado di Robert Sheldon e a 4 omicidi di secondo grado. Viene recluso nel penitenziario di Jefferson City, nel Missouri, dove resterà per il resto dei suoi giorni, lamentandosi spesso delle pessime condizioni di vita dietro le sbarre e di come la Polizia e i media abbiano stravolto le sue vicende.

    Una volta in carcere proverà a riabilitarsi istituendo un fondo fiduciario di 50.000$ dedicato ai famigliari delle sue vittime.
    Nel gennaio del 1992 perde una causa legale contro la madre di Todd Stoops, una delle sue vittime, e viene condannato a pagarle la cifra record di 5 miliardi di dollari per danni morali: non essendo ovviamente in possesso di tale somma di denaro viene deciso che ogni suo futuro guadagno dovrà finire nelle tasche della donna.

    L'8 ottobre 1992 muore in prigione a 43 anni a causa di un arresto cardiaco, come suo padre.

    Berdella si lascia alle spalle una vicenda ancora oggi non del tutto chiarita a causa della trascuratezza delle indagini portate avanti dalla Polizia di Kansas City, che aveva molta fretta di chiudere il suo caso, e per tutti i gossip di cronaca nera che giornali e televisioni hanno affibbiato al caso. Qualcuno asserì che Berdella avesse agito dietro gli ordini di una misteriosa setta satanica, altri che avesse nutrito i suoi cani con la carne delle sue vittime.

    Bob stesso si vantò più volte con altri detenuti di aver ucciso molte più persone delle 6 per le quali era stato condannato: il reale numero delle sue vittime sarebbe di circa venti.
    Ma sono tutte storie che resteranno senza una risposta.

    Documento tratto dal sito latelanera
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